Sono tornata in Madagascar dopo 11 anni.
La maggior parte dei turisti noleggia un’auto con autista perchè il self drive non è consentito, a causa delle condizioni delle strade, se così si possono chiamare.
La mia amica Pinuccia ha googolato parecchio prima di trovare la Ramartour, che ci ha noleggiato due Pajero senza autista. La loro operatrice Marie Ange ci ha offerto supporto logistico e ha prenotato gli alloggi, in base all’itinerario studiato nei minimi dettagli dalla Pinuccia.
Mario e Pasquale hanno guidato con prudenza e attenzione lungo tutto il percorso, affrontando senza esitazione “strade” con più buchi che asfalto, guadi imprevisti e piste di terra o sabbia, spesso rovinate dall’incuria e dalle piogge.
Un viaggio off the beaten tracks, uno dei più avventurosi ai quali io abbia partecipato, lungo la costa da Manakara a Morondava.
Nonostante le buone risorse del paese (agricoltura, pesca, turismo, estrazione di minerali e, di recente, petrolio), la vita della popolazione nei villaggi non mi è sembrata molto diversa da quella di 11 anni fa.
I Malgasci vivono di ciò che coltivano, allevano o pescano.
Si muovono a piedi, in bici, in taxi-brousse e con i carretti trainati dagli zebù; solo pochi possono permettersi una moto cinese o una vecchia auto.
Al di fuori delle città, l’elettricità e l’acqua corrente praticamente non esistono.
Le strutture sanitarie sono a dir poco carenti e si parla di un tasso di analfabetizzazione del 50%.
La tecnologia è minima, anche se si è diffusa la telefonia mobile, compreso il traffico dati. Sono comparsi i pannelli fotovoltaici, molto utilizzati nei lodge. Nei villaggi della costa orientale se ne vedono molti, vengono utilizzati per accendere lampadine o anche per alimentare piccole radio, che sparano musica a tutto volume.
La parte più avventurosa del nostro viaggio è stata la pista BAC +10, che va da Farafangana a Fort Dauphin. La mancanza di ponti rende necessario superare dieci fiumi, che sfociano nell’Oceano Indiano, con zattere a motore o a traino, denominate bac. Il servizio è completamente gratuito.
Grazie a fondi europei sono in corso lavori per realizzare una nuova strada, che dovrebbe essere completata nel 2023. Noi abbiamo potuto percorrerla per il solo tratto attualmente realizzato, di circa 40 km, tra Manantenina e Vatomirindry.
Per il resto, la pista alterna tratti percorribili a velocità moderate a tratti che richiedono molta pazienza e attenzione.
Si attraversano tantissimi villaggi, i panorami sono vari e spettacolari. Un posto interessante in cui pernottare lungo la pista è Chez Victor, gestito da un italo-francese che ci ha raccontato tante cose interessanti sul Madagascar e ci ha offerto rum malgascio insaporito con tutti i frutti possibili e immaginabili.
Da Lavanono a Belo-sur-Mer abbiamo percorso soprattutto piste di sabbia, alternate da tratti sassosi o da strade asfaltate in prossimità delle città, come Tulear, Morombè e Morondava.
Lungo il Canale di Mozambico la presenza della barriera corallina rende l’oceano più calmo e balneabile. In alcuni tratti, in particolare tra Salary Bay e Morombè, il mare assume colorazioni incredibili. Non a caso da Ifaty a Morombè si trovano diverse strutture turistiche, anche se di dimensioni piuttosto contenute, dato che in Madagascar viaggiano circa 300 mila turisti all’anno.
I lodge, che possono essere molto chic o piuttosto spartani, si trovano sempre in luoghi mozzafiato e sono gestiti principalmente da Italiani e Francesi, personaggi interessanti, che vivono anche da 20 o 30 anni in Madagascar.
In Madagascar si attendono le elezioni nel mese di novembre 2018. Grandi aspettative miste a scetticismo animano tutte le persone con cui abbiamo parlato. Mi auguro che qualcosa cambi, soprattutto che il futuro governo si dedichi seriamente a diffondere l’istruzione e a migliorare le infrastrutture del paese.