Ho viaggiato in Madagascar nel luglio 2007.
Il Madagascar è uno dei paesi più poveri del mondo, anche se nel 2007 il governo in carica sembrava impegnato a migliorare le condizioni di vita della popolazione e a meglio ridistribuire le risorse di cui dispone il paese.
Il turismo è in forte crescita: attualmente Francesi e Italiani rappresentano la parte più consistente dei turisti che ogni anno visitano il paese.
La zona centrale è percorsa dalla Route National n° 7, da poco asfaltata e in ottime condizioni.
Nelle località più turistiche ci sono buoni alberghi e lodge; tuttavia nelle zone fuori dai circuiti turistici può essere difficile trovare una sistemazione.
In base a quello che ci hanno raccontato altri viaggiatori e le guide locali, chi vuole visitare la costa occidentale, la costa meridionale, il nord e la costa della vaniglia deve adattarsi a strade ancora in pessime condizioni, piste che richiedono il noleggio di fuoristrada con autista, tempi di percorrenza lunghi (per non dire impossibili) e pernottamenti in tenda.
ANTANANARIVO
Antananarivo è la capitale del Madagascar; il nome malgascio (come la maggior parte dei nomi malgasci) è lunghissimo, quindi tutti la chiamano Tanà.
A Tanà si capisce subito che convivono i ricchi e i poveri, i potenti e gli emarginati.
Le contraddizioni del Madagascar balzano agli occhi nei mercati della capitale.
Il mercato dei souvenir è fatto per it turisti ed è composto da una lunga e fitta fila di bancarelle che vendono innumerevoli oggetti in legno, rafia, osso di zebù e pelle di coccodrillo.
Il mercato generale contiene una incredibile quantità di merci, come il dolce koba, i granchi e le rane pronti per la padella, le scope dai colori fosforescenti.
I supermercati sono per i ricchi e gli stranieri: i prodotti della Garnier e della Nivea costano più che in Italia e gli unici prodotti locali sono lo yogurt Tiko, la cioccolata Roberts, gli aspri vini dell'altopiano e il devastante rum Dzama.
Nei mercati conviene fare attenzione ai borseggiatori… ma questa è una regola che vale per tuti i mercati del mondo.
COSTA ORIENTALE
La costa est, che si affaccia sull'Oceano Indiano, è caratterizzata da un clima umido e da forti maree.
Le colline lungo la fascia costiera sono coperte dalla foresta pluviale, da palme e da coltivazioni di frutta, caffè, cacao e vaniglia.
Le case sono costruite con legno e foglie di palma.
Lungo la costa, da Manakara a Toamasina, i francesi collegarono alcuni laghi costieri con un canale. Il Canal de Panganales è tuttora navigabile, anche se numerose secche lo rendono percorribile solo a tratti e con piccole barche.
Nella striscia di terra tra il canale e l'oceano si trovano diversi villaggi di pescatori.
Un servizio molto efficiente collega Toamasina all'isola di Sainte Marie: si parte la mattina alle 6 in pullman da Toamasina per arrivare a Ivongo alle 10; da Ivongo, con l'alta marea, si parte poi in barca a motore per St. Marie. L'alternativa è il volo giornaliero da e per Antananarivo.
L'isola di St. Marie è molto bella. In luglio e agosto piove tutti i giorni, ma è il periodo migliore per il whale watching.
ALTOPIANO CENTRALE
Il rosso e ondulato altipiano centrale è caratterizzato da coltivazioni a terrazza e risaie.
I Malgasci sono infatti accaniti consumatori di riso, che mangiano a colazione, pranzo e cena.
Il paesaggio, recita giustamente la Lonely Planet, è molto indonesiano e i tratti somatici degli agricoltori merina e betsileo ricordano più l'Asia che l'Africa.
Le case di terra rossa con i tetti di foglie di palma si inseriscono perfettamente nel paesaggio. Percorrendo l'asfaltatissima Route National n° 7, si incontrano continuamente villaggi e gente che cammina trasportando merci pesantissime sulla testa, sulle spalle o sui carretti.
Lungo il percorso si attraversano alcune città: Antsirabe, città termale con alcuni edifici coloniali, laboratori per la lavorazione di pietre semipreziose e botteghe dove si lavora il corno di zebù; Ambositra, specializzata nella lavorazione del legno e della rafia; Fianarantsoa, la seconda città del Madagascar; Antaimoro, circondata dai vigneti, dove viene prodotta la carta antimoro, decorata con fiori secchi.
Una delle esperienze più belle di questo viaggio è consistita nel percorrere in treno il tratto tra Manakara e Fianarntsoa.
Il treno viaggia a giorni alterni da una città all'altra, su rotaie a scartamento ridotto, trasportando merci e passeggeri. Si parte alle 7 e si arriva alle 17… ufficialmente… ma in realtà le partenze e gli arrivi sono fortemente influenzati dalla sorte.
Dal treno si gode di bei panorami, ma più interessanti sono le soste nei villaggi, dove un'incredibile quantità di gente si avvicina al treno per salire, vendere, curiosare, salutare.
Scendendo verso il Parco Nazionale dell'Isalo, il paesaggio diventa via via più arido. Le risaie lasciano il posto alle praterie, dove i pastori delle tribù meridionali pascolano le mandrie di zebù.
Le montagne calcaree del Parco dell'Isalo sono uno dei luoghi più visitati del Madagascar e offrono bei panorami e possibilità di trekking.
TULEAR
Tulear è la città principale della costa occidentale.
Ha l'aeroporto, un mercato dove si vendono incredibili quantità di conchiglie di tutte le forme e dimensioni, ed è il porto da cui partono i motoscafi per Anakao.
Le barche rimangono ancorate a qualche centinaio di metri dal "molo".
Di conseguenza, sia con la bassa sia con l'alta marea, i turisti e i loro pesanti bagagli vengono caricati su carretti trainati da zebù.
Gli zebù arrancano lungo il tratto di battigia, il cocchiere malgascio li incita e li frusta con un ramo di qualche pianta locale, il turista si sente diviso tra la pena per lo zebù e la preoccupazione per la propria pelle.
Finalmente si arriva alla barca.
E qui succede un po' di tutto: gli scafisti cercano di tenere la barca accostata al carretto, gli zebù tentano di staccarsi dalla barca per tornarsene a casa, i turisti e le valigie passano dal carretto alla barca esattamente nel momento in cui ognuno se ne va per conto suo e rimangono magari con una gamba nel carretto e un piede sul motoscafo… alla fine però è tutto a posto, i turisti seduti, i bagagli al sicuro, i carretti se ne tornano verso il molo e lo scafista parte a spron battuto, pronto ad affrontare le onde del Canale di Mozambico in modo che il maggior numero di schizzi possibile colpisca barca, turisti e bagagli.
Il viaggio verso Anakao dura circa un'ora e si arriva a destinazione piuttosto provati… ma c'è il drink di benvenuto al Prince Anakao, i bungalow accoglienti, gli ombrelloni di paglia e i lettini confortevoli sulla spiaggia bianchissima.
La folle avventura viene subito dimenticata!
Una invisibile linea di demarcazione impedisce alla folla di venditrici di conchiglie, parei, collanine e alle improvvisate massaggiatrici di invadere la privacy dei turisti del lodge.
Ma appena si decide di andare a fare il bagno, o di passeggiare fino al pittoresco villaggio di pescatori Vezo, si viene assaliti da venditrici di tutte le età, assetate di argent-plum-tshirt.
L'assalto non è però spiacevole o ingestibile, i Malgasci sono un popolo gentile e simpatico.
Il bassissimo livello tecnologico del Madagascar e di questa zona in particolare, fa sì che i pescatori si muovano avanti e indietro con le piroghe dalle vele quadrate, schiavi delle maree, dei venti, delle condizioni climatiche: verso il tramonto, quando tornano a riva, dalle barche escono aragoste, calamari, pesci coloratissimi.
Vale la pena di fare l'escursione, magari con una piroga a bilancere, alla piccola Nosy Ve, una lingua di sabbia circondata dal mare turchese.
Nosy Ve è una riserva naturale, perchè nidifica tra gli arbusti una rarissima specie di uccello marino.
Se ci si accorda con i barcaioli, si può mangiare sull'isolotto il pesce appena pescato e cotto nella brace.
Siamo rimasti ad Anakao solo un paio di giorni alla fine del nostro viaggio, ma ci è dispiaciuto non restare per almeno una settimana. Anakao è un posto "rustico", non ancora rovinato dal turismo di massa, e per questo può essere preferibile alle mete del "full inclusive".
BIODIVERSITÀ
Il Madagascar è tagliato da un lungo altipiano centrale in due aree: la costa orientale, interessata dagli umidi alisei, è coperta da foreste pluviali, bananeti, piantagioni di leechy e di vaniglia; la sponda occidentale è più secca, coperta da savane dove pascolano gli zebù e oasi di baobab.
L´estremo sud dell´isola è un´area ancora diversa, caratterizzata dalla “foresta spinosa”, dove crescono decine di varietà di aloe e spettacolari cactus.
I geologi stimano che 165 milioni di anni fa il Madagascar fosse connesso con il continente africano e che nei successivi 15 milioni di anni si sia distaccato, favorendo così uno sviluppo della fauna e della flora a sè stanti.
Per questo motivo il Madagascar viene talvolta soprannominato l'"ottavo continente".
Un esempio dell'unicità del Madagascar è la presenza di ben sette tipi diversi di baobab, mentre in Africa se ne trova solo una specie.
Nel parco Isalo si trovano i baobab nani, le cui dimensioni non devono però ingannare sull'età degli alberelli, che sono ultracentenari.
Numerosi baobab si trovano lungo la costa occidentale: nella zona di Morondava si può percorrere la famosa Avenue du baobab.
In Madagascar non ci sono i grandi mammiferi come i leoni, gli elefanti, le antilopi presenti invece nella vicina Africa.
Vi sono però numerosissime specie di rane, di farfalle, di rettili e di mammiferi che non si trovano in nessuna altra parte del mondo.
Tra i mammiferi, i più famosi sono i lemuri, primati progenitori delle scimmie, che hanno dimensioni variabili da quelle di un piccolo cane a quelle di un topo.
Si possono trovare in vari habitat, dall'umida foresta pluviale dell'est al secco e spinoso deserto a sud.
Mangiano generalmente frutta e foglie.
Alcune specie notturne si nutrono principalmente di piccoli insetti e alcune anche uova, rettili e uccelli.
I lemuri svolgono un importantissimo ruolo nell'ecosistema perché nutrendosi di frutta e muovendosi molto (e con essi i semi negli escrementi) aiutano lo sviluppo e il mantenimento della flora.
La biodiversità del Madagascar è fortemente minacciata dalla deforestazione e dalla pratica del "taglia e brucia".
A partire dagli anni '90, diversi passi sono stati fatti per rallentare la distruzione delle foreste e per tutelare ciò che è rimasto, a partire dall'istituzione di alcune riserve e parchi nazionali.
Visualizza l'itinerario in formato PDF