Ho visitato questo sconosciuto pezzettino d'Africa alla fine del 2015 insieme alla mia amica Titti.
Gibuti è grande più o meno come l'Emilia Romagna.
Tutti parlano francese, perchè è la lingua nazionale, ma il franco gibutino è agganciato al dollaro. Tuttavia l'euro è ben accetto.
Non c'è molto turismo a Gibuti, lo si capisce subito dai prezzi altissimi imposti dagli hotel e dalle pochissime agenzie viaggi della capitale.
Per il circuito base ci hanno chiesto dai 150 ai 250 dollari per persona al giorno: comprende il Lago Abbe, il Lago Assal, i Monti Goda, Tadjoura e la spiaggia Les Sables Blancs.
Ci si deve spostare per forza con i fuoristrada: la strada principale, che collega Gibuti, Tadjoura e Obock è ben asfaltata, ma appena la si lascia si devono affrontare piste, wadi e tratturi.
Nella capitale ci sono alberghi con standard europei, aria condizionata, ecc. ma in giro per il paese le strutture turistiche sono scarsissime. Gli alberghi sono proprio pochi, mentre sono più diffusi i campemant, fatti di capannette di legno e paglia con i bagni condivisi: richiedono un po' di spirito di adattamento, ma non sono male.
La prima cosa che ci si chiede visitando Gibuti, è perchè la capitale e la nazione abbiano lo stesso nome, cosa fastidiosissima, perchè non si sa mai se si parla dell'una o dell'altra.
Anche i nomi degli alberghi traggono in inganno: la mia amica Titti ha discusso per un po' con una turista svizzera, lamentando il fatto che dormire a Les Sable Blanc a Capodanno era carissimo, prima di accorgersi che lei intendeva la spiaggia nei pressi di Tadjoura e la svizzera intendeva il suo hotel a Gibuti City.
A parte questi misunderstanding linguistici e geografici, è praticamente impossibile perdersi a Gibuti.
A detta dei locali, i mezzi pubblici sono scarsi e inaffidabili, inoltre non raggiungono i luoghi più interessanti, che si trovano lontani dalla costa, dove invece si concentrano le città e la popolazione.
I turisti devono quindi noleggiare fuoristrada con autisti e guide, che li conducono con esperienza da un luogo all'altro, riproponendo lo stesso collaudatissimo itinerario.
Dato che i luoghi da visitare sono a malapena una decina, i pochi turisti che si trovano a Gibuti finiscono tutti a cenare al Restaurant Saba di Gibuti, percorrere le stesse strade o piste alla stessa identica ora, pranzare all'Auberge de la Palmierai di Dikhil e dormire negli stessi rustici campement.
In generale le strade, le auto, il traghetto che attraversa quotidianamente il Golfo di Tadjoura sono in buone condizioni.
Gli alberghi invece semplicemente non esistono, tranne che nella capitale. Si dorme tutti nei campement di Lac Abbé, Bankoaulè e Les Sables Blancs, dotati di capannette di paglia, servizi igienici comuni e pannelli fotovoltaici che garantiscono il funzionamento di pompe per l'acqua corrente e per la luce.
Le spiagge non sono eccezionali, ma il Mar Rosso è spettacolare, intorno ad ogni scoglio o pezzo di roccia si trovano coralli e pesci tropicali; inoltre in dicembre è abbastanza caldo da poterci restare a mollo dalla mattina alla sera.
La cucina è deliziosa, piena di influssi francesi e yemeniti, con pesce, crostacei e molluschi che non mancano mai.
Grazie alla sua posizione strategica e alla sua neutralità politica, Gibuti ha potuto stipulare accordi con Stati Uniti, Francia, Giappone e NATO, di cui ospita basi militari e navi, che tengono sotto controllo il Mar Rosso.
Anche visitando Gibuti per pochi giorni, come noi, è impossibile non accorgersi che si tratta di un'oasi di tranquillità e sicurezza, mentre le nazioni intorno sono allo sbando economico o politico da lungo tempo.
Parlo di Eritrea ed Etiopia, dove si incontrano sacche di miseria e denutrizione che lasciano tracce indelebili nella memoria e nell'anima; e di Somalia e Yemen, la cui instabilità politica sembra non trovare soluzione.
Per questa sua vicinanza a paesi estremamente problematici, Gibuti è attraversata di continuo, anche durante il feroce caldo estivo, da migranti alla disperata ricerca di una vita migliore.
Capita così di incrociare nei pressi di Tadjoura dei ragazzini etiopi che cercano di raggiungere a piedi Obock, per imbarcarsi verso lo Yemen e da lì raggiungere l'Arabia Saudita. La nostra guida si ferma a dar loro un po' d'acqua e mezzo panino. Nel solito misto di francese e inglese ci spiega: "Gli dò da bere e da mangiare, perchè se non lo facessi potrebbero morire di fame e di sete e ce li avrei sulla coscienza".
Oppure capita di imbattersi, nei pressi di Obock, in un campo di profughi yemeniti, patrocinato dall'ONU.
In conclusione, vale la pena di visitare Gibuti perchè si ha un debole per l'Africa e la si vuole visitare proprio ma proprio tutta. Oppure perchè si ritiene che il Mar Rosso sia meraviglioso, a prescindere dalla latitudine in cui ci si tuffa per fare il bagno nelle sue acque turchine o per fare snorkeling tra i pesci colorati.